L’angoscia è una sensazione di oppressione difficile da definire e descrivere in termini percettivi. Chiunque nel corso della propria vita ha sperimentato o si trova a sperimentare questo segnale che diviene più o meno acuto in base al grado di indefinitezza e apprensione che lo accompagna.
Soren Kierkegaard ne “Il concetto dell’angoscia” definisce l’angoscia come una condizione tipica dell’esistenza umana, una sensazione che accompagna l’uomo per tutta la vita ed è legata alla capacità dello stesso di interrogarsi sulle infinite possibilità di scelta esistenziale da lui possedute. È proprio la consapevolezza della possibilità di scegliere che crea nell’individuo pensante “la crisi”. La possibilità rappresenta una responsabilità e la responsabilità è un peso difficile da portare specie se questa responsabilità è legata a scelte di vita che orientano la persona in una direzione piuttosto che in un’altra. Essere fautori del proprio destino, promotori della propria vita, portatori dei propri bisogni e necessità, avendo la consapevolezza che ciò che genera la nostra scelta/risposta implica un non poter più tornare indietro (come magicamente, invece, pensano di fare i bambini cancellando con la manina nell’aria quel qualcosa che non va), un seguire la freccia del tempo unidirezionale (A. B. Ferrari) e scontrarsi con i propri limiti e la propria finitezza, genera angoscia.
La maggior parte delle persone non sono consapevoli di tutto questo contenuto e di tutte le implicazioni “raffinate” di tipo psicologico-esistenziale fin qui descritte. La maggior parte delle persone sperimenta una sensazione di inquietudine, di minaccia, di malessere che alle volte diventa catastrofica ed è percepita come pericolo imminente di dissoluzione del proprio sé. L’angoscia si manifesta accompagnata da un correlato di sintomi fisici di intensità variabile che si possono collocare lungo un continuum ad un estremo del quale troviamo manifestazioni prevalentemente ansiose di tipo somatico – la persona riferisce di sentirsi agitata, di avere difficoltà a prendere sonno, di avere un nodo alla gola, di avere difficoltà a respirare, di non riuscire a stare ferma – all’altro estremo il panico. L’angoscia, nel caso del panico, ha rovinosamente raggiunto livelli tali che la persona riferisce il terrore di non abitare più il proprio corpo e di essere preda di sensazioni di morte così violente da pensare di esserne sopraffatta.
Quando la persona decide di affrontare il proprio disagio è perché, il più delle volte, la sofferenza è arrivata ad un livello tale per cui diventa vitale chiedere aiuto.
Una risposta a “Attacchi di Panico e dintorni: Angoscia e Panico ipotesi di un continuum”
Molto interessante e interssato. E’ possibile essere contattato per sottoporti il mio caso?